Uno studio interdisciplinare dell’Università degli Studi di Milano ha esposto le tre principali tipologie cellulari coinvolte nel mantenimento della massa ossea a nanoplastiche fluorescenti, analizzandone l’effettivo ingresso nella cellula e scoprendo che, a causa delle ridotte dimensioni, le nanoplastiche possono interagire direttamente con le cellule ossee, andandone a modificare le nomali attività. La pubblicazione su Science Direct - Journal of Hazardous Materials.
Le nanoplastiche alterano il delicato equilibrio e la relazione esistente nel microambiente osseo, attività che potrebbe riflettersi in una maggiore suscettibilità a sviluppare patologie legate all’impoverimento osseo: ecco la conclusione a cui è giunto un team di scienziati e recentemente pubblicata su Science Direct - Journal of Hazardous Materials .

L'invecchiamento è un processo naturale che porta a una serie di cambiamenti molecolari nel nostro corpo. Questi cambiamenti portano al deterioramento dei tessuti funzionali e aumentano la suscettibilità a varie malattie, influenzando infine la durata e la qualità della nostra vita. Quello che è intrigante dell'invecchiamento è che non avviene casualmente, ma segue una sequenza programmata di eventi che sembrano essere conservati tra le specie, antiche e moderne. Questo fenomeno è particolarmente rilevante nel contesto del sistema nervoso, in cui l'invecchiamento viene quantificato attraverso il declino cognitivo e una riduzione delle capacità locomotorie, entrambi dei quali coincidono con l'insorgenza e la progressione di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

Il melanoma, una forma di cancro della pelle, è prevenibile attraverso misure volte a limitare l'esposizione al sole. Tuttavia, i tassi di incidenza del melanoma nelle diverse province dell'Atlantico in Canada mostrano significative variazioni. Mentre New Brunswick si allinea con la media nazionale, Nova Scotia e Prince Edward Island presentano tassi di incidenza superiori alla media nazionale, mentre Terranova e Labrador si collocano al di sotto. Per comprendere le ragioni di queste differenze, è stato condotto uno studio qualitativo consensuale che coinvolge gruppi di discussione con partecipanti provenienti dalle regioni Atlantico Canadesi. Lo studio mirava a fare luce sui fattori che contribuiscono a questa discrepanza e sul concetto di "paradosso delle creme solari".


Mentre il mondo continua a navigare nel paesaggio in continua evoluzione della pandemia di COVID-19, la questione della sicurezza del vaccino è stata una priorità assoluta sia per gli individui che per gli operatori sanitari. Tra coloro che cercano risposte ci sono le coppie che sperano di concepire, che hanno comprensibilmente preoccupazioni su come le vaccinazioni per il COVID-19 possano influenzare il loro percorso verso la genitorialità. Ricerche recenti nel campo della salute riproduttiva offrono alcuni rassicuranti chiarimenti.
Uno studio rivoluzionario intitolato "A prospective cohort study of preconception COVID-19 vaccination and miscarriage", condotto da Jennifer J. Yland e il suo team, è stato pubblicato sulla rivista Human Reproduction nell'ottobre 2023. Questo studio si è proposto di indagare in che misura la vaccinazione preconcezionale per il COVID-19, sia materna che paterna, sia associata all'incidenza di aborto spontaneo.
Le conclusioni di questo studio forniscono informazioni preziose per coloro che pianificano di avviare una famiglia.


Una delle prime valutazioni che il medico fa su un paziente in stato di incoscienza è controllare come reagiscano alla luce le sue pupille. Una reattività pupillare anomala o assente può essere infatti il segnale di un'emergenza neurologica dato che ci dà informazioni sulla funzionalità delle vie profonde del tronco encefalico.

Se fino a qualche tempo fa questa procedura si faceva con una lampadina tascabile, negli ultimi anni ha fatto il suo esordio il pupillometro che consente una misurazione più oggettiva e affidabile (ad adottarlo per la prima volta in Italia è stato, nel 2015, il reparto di NeuroRianimazione dell’Ospedale San Gerardo di Monza). Ora un nuovo studio, coordinato dall’Università di Milano-Bicocca e pubblicato sulla rivista Lancet Neurology, conferma che la pupillometria automatizzata ha un valore significativo nella prognosi di pazienti con lesioni cerebrali acute.



Gli Aborti Spontanei Ricorrenti (ASR), definiti come la sfortunata occorrenza di due o più perdite consecutive di gravidanza, rappresentano un angosciante problema di salute riproduttiva che colpisce un significativo numero di coppie in tutto il mondo. Le cause sottostanti degli ASR sono diverse e complesse, con fattori genetici, immunologici, ormonali ed anatomici che contribuiscono alla condizione.
Tra i fattori genetici, i polimorfismi genetici dell'antigene leucocitario umano (HLA) hanno attirato l'attenzione come possibili agenti negli ASR, concentrandosi in particolare sulla polimorfia HLA-3 UTR 14bp Ins/Del (inserzione/cancellazione).



Da oltre mezzo secolo, l'Antigene Leucocitario Umano G (HLA-G) è rimasto un misterioso protagonista nell'ambito dell'immunologia. La sua profonda funzione nell'indurre l'immunotolleranza durante la gravidanza è emersa solo nel 1990. Inizialmente confinato all'interfaccia fetomaterna, HLA-G ha superato le sue origini, influenzando vari settori medici, tra cui la medicina dei trapianti, la reumatologia, l'oncologia e le malattie infettive. Questa recensione si addentra nel mondo intricato di HLA-G, enfatizzando la sua doppia natura: da guardiano dell'immunotolleranza in presenza di infiammazioni e malattie autoimmuni, a promotore della progressione del cancro quando espresso all'interno dei tumori.
Mentre l'importanza di HLA-G si estende a diversi campi medici, questa recensione si focalizza sul suo ruolo nel complesso puzzle delle perdite ricorrenti di gravidanza (RPL), una condizione caratterizzata dalla perdita di due o più gravidanze, che colpisce il 2-5% delle coppie che cercano di concepire.



Nel presente studio dal titolo "Intravenous Vitamin C for Patients Hospitalized With COVID-19: Two Harmonized Randomized Clinical Trials," condotto dagli autori Dr. Frank L. van de Veerdonk et al., e pubblicato su JAMA in data 25 ottobre 2023 (doi:10.1001/jama.2023.21407), sono state esaminate le potenziali implicazioni dell'uso della vitamina C nei pazienti ricoverati con COVID-19. Lo studio ha coinvolto due sperimentazioni cliniche armonizzate, che hanno incluso pazienti critici ricoverati in unità di terapia intensiva in 90 siti diversi, nonché pazienti non critici in 40 siti distribuiti in quattro continenti.


Una nuova ricerca coordinata congiuntamente dall’Università degli studi di Cagliari e dalla Sapienza Università di Roma ha evidenziato una base molecolare comune dell’invecchiamento e di patologie neurodegenerative come la SLA. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Death and Discovery
L'invecchiamento è l’insieme dei cambiamenti che avvengono nelle cellule e nei tessuti con l'avanzare dell'età aumentando il rischio di malattie e morte. Questi cambiamenti seguono una sequenza programmata comune e sono principalmente caratterizzati dal deterioramento delle funzioni cognitive e dal declino delle capacità locomotorie.

Tali manifestazioni coincidono con i sintomi delle malattie neurodegenerative, come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), l'Alzheimer e il Parkinson, suggerendo che questo tipo di patologie condividano una base molecolare comune con il processo di invecchiamento.


L’analisi delle acque reflue urbane si dimostra un indicatore per misurare la circolazione degli Enterovirus, fornendo alla sanità pubblica uno strumento in grado di prevedere nuove epidemie, così come evidenziato per il virus SARS-CoV-2. Lo studio dell’Università Statale di Milano pubblicato su Science of the Total Environment.
Una ricerca condotta dall’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con il laboratorio di Indicatori Epidemiologici Ambientali dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e con Regione Lombardia,recentemente pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment (STOTEN), ha dimostrato che l’analisi delle acque reflue è uno strumento in grado di captare in anticipo la diffusione nella popolazione degli Enterovirus.

 

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