Ora, grazie a un progetto (PRIN, 2017-2020) coordinato dalla Sapienza Università di Roma, è stato portato a termine lo studio dettagliato della morfologia del cranio di questo Neanderthal, reso possibile dall'applicazione di tecniche di paleoantropologia virtuale. La ricerca viene descritta sulla rivista Communications Biology del gruppo Nature. Ad essa hanno partecipato ricercatori della Sapienza Università di Roma, come Giorgio Manzi e Mary Anne Tafuri, o che afferivano allo stesso Ateneo quando la ricerca si è sviluppata, come Antonio Profico (Università di Pisa), Costantino Buzi (IPHES di Tarragona, Spagna) e Fabio Di Vincenzo (Università di Firenze).
Il cranio, così come l’intero scheletro di Altamura, si trova all'interno di una piccola camera all'estremità nord-occidentale del sistema carsico, chiamata Abside dell'uomo. La maggior parte degli elementi scheletrici è collassata qui dopo la morte dell'individuo e la decomposizione dei tessuti molli. I ricercatori hanno acquisito con tecniche digitali le due parti esposte del cranio, separatamente: la parte anteriore in modo diretto con sensori laser, essendo visibile dall'Abside dell'uomo, mentre l'altra metà ha richiesto l’uso combinato di fotogrammetria, in quanto accessibile solo con sonde telescopiche attraverso aperture nella cortina di colonne oltre lo scheletro. Le due parti sono state poi ricomposte e analizzate al computer, a seguito di una valutazione comparativa basata su diversi campioni di confronto, utilizzando come riferimento quello che è risultato come più affine (il Cranio 5 di Atapuerca-SH).
Lo studio descrittivo e quantitativo del cranio rivela come la morfologia di questo importante reperto si inserisce nella variabilità del Neanderthal, pur mostrando alcuni tratti meno tipici, cioè più arcaici rispetto ad altri fossili europei datati tra 300 e 40 mila anni fa. Alcuni di questi caratteri non sono mai stati osservati in Homo neanderthalensis, il che suggerisce che la loro origine possa risalire a lunghe fasi di isolamento geografico delle popolazioni umane nei rifugi ecologici rappresentati dalle regioni meridionali della penisola italiana.
Antonio Profico, primo nome dell’articolo, dichiara "Le parti digitalizzate in grotta non hanno punti di giunzione, perciò è stato necessario sviluppare un nuovo metodo per ricomporle. Abbiamo così deciso di combinare virtualmente le due metà come se fossero porzioni disarticolate di un cranio, utilizzando campioni di riferimento su cui basare la migliore corrispondenza ".
Giorgio Manzi, coordinatore della ricerca, commenta "Alla luce dei nostri dati, riteniamo che il cranio di Altamura possa fare luce sul dibattito sull'evoluzione dei Neanderthal. La forma del cranio dell'uomo di Altamura rientra nella variabilità di questa specie estinta, condividendo caratteristiche con esemplari comunemente riferiti ai cosiddetti Neanderthal classici, ma allo stesso tempo mostra affinità con Neanderthal antichi – come quelli di Saccopastore, qui a Roma – o con reperti ancora più arcaici, come il cranio di Ceprano (Lazio meridionale), che risale a circa 400 mila anni fa.”
Costantino Buzi aggiunge “L’uomo di Altamura rappresenta un esempio unico: è un Neanderthal potenzialmente completo (non ne conosciamo altri così rappresentativi). Lo scheletro è disarticolato e ricoperto da strati di calcite, la cui formazione ha favorito la conservazione eccezionale anche delle strutture scheletriche più fragili, come quelle interne all’apertura nasale”.
Fabio Di Vincenzo conclude "La stretta somiglianza riscontrata con reperti precedenti lungo la linea evolutiva dei Neanderthal – come il Cranio 5 di Atapuerca-SH, datato a 430 mila anni fa – è piuttosto inaspettata. Abbiamo osservato questa somiglianza nell'espressione di varie caratteristiche craniche discrete, così come nella morfologia complessiva dell'osso occipitale, la cui anatomia può essere accuratamente valutata su Altamura.”