Le immigrate africane del veneto e le iniziative di prevenzione alle MGF

In Italia, per contrastare le MGF si è giunti nel 2006 alla formulazione della legge “Consolo”, n.7  (www.camera.it, 2006).
Essa si articola complessivamente su due piani, negativo e positivo diretti rispettivamente  all’eliminazione dell’aspetto traumatico ai genitali e alla prevenzione. Quest’ultima è costituita di un corpus propositivo, molto realistico, perché comprensivo anche del corrispondente budget per attuare le iniziative previste.
In data 13/08/2007 sulla gazzetta Ufficiale n.187 in risposta all’art.3 della legge (sulla predisposizione di campagne informative e di sensibilizzazione rivolte agli immigrati, alle strutture sanitarie e ai servizi sociali), il Ministro per i Diritti e le Pari Opportunità ha pubblicato un bando ad hoc per il finanziamento di progetti volti alla prevenzione e al contrasto delle MGF (www.retepariopportunità.it, 2007). L’ammontare delle risorse  per gli stessi è stato precisato in 4 Milioni  di Euro ed erano rivolte a specifici soggetti proponenti (soprattutto Regioni, Enti Locali e Amministrazioni del Servizio sanitario Nazionale).
Tra i progetti che hanno risposto al bando, dieci hanno ottenuto la approvazione del ministeriale ed hanno svolto l’impegno previsto entro il 2009, concludendosi con conferenze di chiusura dove venivano presentati sia le iniziative come i risultati ottenuti e/o previsti.

In particolare, alla conferenza di chiusura del Progetto AIDOS, svoltasi a Padova (14/08/09),  hanno fatto seguito diverse iniziative locali, attivate da mediatori e mediatrici culturali, che hanno coinvolto sul tema le comunità migranti del Veneto. Queste ci sono sembrate di estremo interesse, poiché a nostra conoscenza, era la prima volta che gli immigrati si muovevano in modo autonomo affrontando il problema specifico delle MGF.
Le iniziative, pur aperte a tutti, erano dirette specificamente alle singole associazioni:
- a Padova, tra l’estate e l’autunno 2009, sono state svolte rispettivamente quelle dedicate alle comunità  Nigeriana, Camerunese, e Rwandese;
- a Creazzo (Vi) si è attuata l’iniziativa per un gruppo di Ivoriani, del Burkina Faso, e del Benin;
- a Marostica (Vi) per gli ivoriani;
- altre due sono state attivate per le comunità migranti, a Venezia  e a Treviso, rispettivamente.
Le iniziative seguivano uno schema comune.
Dopo aver brevemente presentato il progetto AIDOS, veniva proiettato il documentario “Vite in cammino” di Cristina Mecci, prodotto nell’ambito dello stesso progetto, finanziato dal Ministero P.O.; quindi si dava la parola ai presenti, che potevano liberamente esprimere la loro opinione sul tema.
Lo svolgimento delle singole iniziative appariva molto ordinato, cadenzato dai contributi dei presenti, che si presentavano ordinatamente al microfono, dopo aver alzato la mano per aver la parola.
La partecipazione non è stata mai molto numerosa (oscillava tra i 50 e i 10 presenti); rari anche gli osservatori italiani.
In tutte abbiamo rilevato un comportamento dei partecipanti abbastanza simile.
La prima peculiarità che ci ha colpito, riguarda la quasi completa assenza della componente femminile, rispetto agli uomini. Il fatto ci ha meravigliato; e ad una diretta richiesta di spiegazione, gli uomini presenti hanno giustificato la mancanza delle donne, facendo riferimento alla vergogna delle partner; al suggerimento delle amiche, che sconsigliavano di partecipare; e in un caso  è emersa persino  la minaccia di espulsione dalla associazione, se la donna  avesse presenziato alla proiezione del documentario; una mediatrice  culturale nigeriana ha chiamato in causa la recente modifica della legislazione per gli immigrati, che avrebbe eliminato dalle loro priorità molti problemi, tra cui quello delle MGF.
Le rare donne intervenute invece, al microfono si dicevano soddisfatte della presenza maschile, che in molti casi in terra d’origine si era si era vivamente opposta ad alcune loro iniziative di lotta alle MGF, facendole naufragare.
Gli uomini, di contro, hanno espresso la loro soddisfazione, per essere stati aggiornati su un argomento che loro reputavano, di assoluta pertinenza femminile e che in realtà conoscevano
molto poco.

Citiamo per ultima anche la Conferenza organizzata a Padova  (19/01/’10) dall’Associazione Diritti Umani e Sviluppo Umano, in collaborazione con AIDOS e la Commissione Regionale Pari Opportunità del Veneto, sempre dedicata ai ”Percorsi di abbandono della pratica (di MGF) in Africa e in Italia”. Anche in questa occasione, oltre alle oratrici tra i presenti il numero delle immigrate africane convenute si poteva contare a stento sulle dita di una mano.

A questo punto noi ci interroghiamo sulla motivazione della non partecipazione alle iniziative proprio da parte delle donne che avrebbero dovute essere le più sensibili a partecipare.
Nell’intento di capire, abbiamo fatto riferimento ad analoghe iniziative di prevenzione in terra d’Africa, che ci sono ben note perché ne abbiamo seguito l’evoluzione per lunghi anni (NAGLA DAWELBAIT  et al., 2006; MANA SULTAN ABDURAHMAN ALI ISSA et al., 2009). Anche in questi casi il coinvolgimento delle donne non è stato né facile, né scontato; si è ottenuto solo col tempo e con molta passione ed impegno da parte delle organizzatrici che hanno adottato anche particolari strategie per fare lievitare l’interesse femminile. Per es.: si sono mobilitati gli uomini di chiesa, chè persuadessero le donne; oppure i maestri, nel caso delle madri delle bambine a rischio; si sono indette conferenze dedicate alla salute generale della donna, non specificatamente etichettate come dirette alle MGF; per convincere le donne a partecipare si sonom utilizzate  inoltre altre donne “comuni”, della stessa cultura (preferibilmente non uomini), e soprattutto non appartenenti ad associazioni, variamente etichettate, chè potessero essere credibili e riuscire a parlare alle amiche con cuore aperto per riuscire a convincerle.
Anche in Africa comunque, sensibili risultati si sono ottenuti solo dopo anni, non subito!
Certo che, a  capo di queste iniziative c’erano donne carismatiche, “leader”, di “ riferimento”, di prestigio e di credibilità indiscussi, che credevano e si spendevano in prima persona nell’iniziativa, sprovviste di ruoli specifici e quindi anche di finanziamenti occidentali.
Purtroppo simili figure femminili, non sono facili a trovarsi  fra le emigrate, in Italia.

Concludo dicendo: non credo che il disinteresse delle immigrate sia un portato solo del Veneto, ma verosimilmente è comune  a tutto il Paese; esso non deve scoraggiare, ma piuttosto essere incentivo a perseverare ancora, cercando tutte le possibili strategie per avere successo con le donne, che ricordiamo hanno pur sempre le loro radici in Africa. 
A questo punto mi vengono in mente anche le parole di una giornalista che concludeva un suo recente articolo dicendo “A volte le iniziative moderne funzionano meglio con l’aiuto della tradizione” (ZANUTTINI , 2010).



Riferimenti Bibliografici

NAGLA DAWELBAIT , GRASSIVARO GALLO P., PAPPALARDO M., A Campaign for the Eradication of Infibulation within an Extended  Family: Khartoum, Sudan,  pp.247-261. In: Denniston GC., Grassivaro Gallo P., Hodges FM., Milos MF., Viviani F. Bodily Integrità and Politics of Circumcision, Springer, New York, 2006.

MANA SULTAN ABDURAHMAN ALI ISSA, GRASSIVARO GALLO P.1996/2005 Ten Years - of Merka’s Alternative Ritual in Somalia: from “Sunna Gudnin” to “Gudnin Usub”. In: Denniston G.C., Hodges F.M., Milos F.M.(eds.) Circumcision and Human Rights, Springer, 2009.

ZANUTTINI  P.,  Gli invisibili. L’anagrafe del terzo mondo ha un buco. Da 50 milioni. Il Venerdì di Repubblica, p. 40-43, n.1139, 15/01/2010

 

 

Pia  Grassivaro Gallo
Padua Working Group on FGM
Università di Padova

In Italia, per contrastare le MGF si è giunti nel 2006 alla formulazione della legge “Consolo”, n.7 (www.camera.it, 2006).

Essa si articola complessivamente su due piani, negativo e positivo diretti rispettivamente all’eliminazione dell’aspetto traumatico ai genitali e alla prevenzione. Quest’ultima è costituita di un corpus propositivo, molto realistico, perché comprensivo anche del corrispondente budget per attuare le iniziative previste.

In data 13/08/2007 sulla gazzetta Ufficiale n.187 in risposta all’art.3 della legge (sulla predisposizione di campagne informative e di sensibilizzazione rivolte agli immigrati, alle strutture sanitarie e ai servizi sociali), il Ministro per i Diritti e le Pari Opportunità ha pubblicato un bando ad hoc per il finanziamento di progetti volti alla prevenzione e al contrasto delle MGF (www.retepariopportunità.it, 2007). L’ammontare delle risorse per gli stessi è stato precisato in 4 Milioni di Euro ed erano rivolte a specifici soggetti proponenti (soprattutto Regioni, Enti Locali e Amministrazioni del Servizio sanitario Nazionale).

Tra i progetti che hanno risposto al bando, dieci hanno ottenuto la approvazione del ministeriale ed hanno svolto l’impegno previsto entro il 2009, concludendosi con conferenze di chiusura dove venivano presentati sia le iniziative come i risultati ottenuti e/o previsti.

 

 

In particolare, alla conferenza di chiusura del Progetto AIDOS, svoltasi a Padova (14/08/09), hanno fatto seguito diverse iniziative locali, attivate da mediatori e mediatrici culturali, che hanno coinvolto sul tema le comunità migranti del Veneto. Queste ci sono sembrate di estremo interesse, poiché a nostra conoscenza, era la prima volta che gli immigrati si muovevano in modo autonomo affrontando il problema specifico delle MGF.

Le iniziative, pur aperte a tutti, erano dirette specificamente alle singole associazioni:

- a Padova, tra l’estate e l’autunno 2009, sono state svolte rispettivamente quelle dedicate alle comunità Nigeriana, Camerunese, e Rwandese;

- a Creazzo (Vi) si è attuata l’iniziativa per un gruppo di Ivoriani, del Burkina Faso, e del Benin;

- a Marostica (Vi) per gli ivoriani;

- altre due sono state attivate per le comunità migranti, a Venezia e a Treviso, rispettivamente.

Le iniziative seguivano uno schema comune.

Dopo aver brevemente presentato il progetto AIDOS, veniva proiettato il documentario “Vite in cammino” di Cristina Mecci, prodotto nell’ambito dello stesso progetto, finanziato dal Ministero P.O.; quindi si dava la parola ai presenti, che potevano liberamente esprimere la loro opinione sul tema.

Lo svolgimento delle singole iniziative appariva molto ordinato, cadenzato dai contributi dei presenti, che si presentavano ordinatamente al microfono, dopo aver alzato la mano per aver la parola.

La partecipazione non è stata mai molto numerosa (oscillava tra i 50 e i 10 presenti); rari anche gli osservatori italiani.

In tutte abbiamo rilevato un comportamento dei partecipanti abbastanza simile.

La prima peculiarità che ci ha colpito, riguarda la quasi completa assenza della componente femminile, rispetto agli uomini. Il fatto ci ha meravigliato; e ad una diretta richiesta di spiegazione, gli uomini presenti hanno giustificato la mancanza delle donne, facendo riferimento alla vergogna delle partner; al suggerimento delle amiche, che sconsigliavano di partecipare; e in un caso è emersa persino la minaccia di espulsione dalla associazione, se la donna avesse presenziato alla proiezione del documentario; una mediatrice culturale nigeriana ha chiamato in causa la recente modifica della legislazione per gli immigrati, che avrebbe eliminato dalle loro priorità molti problemi, tra cui quello delle MGF.

Le rare donne intervenute invece, al microfono si dicevano soddisfatte della presenza maschile, che in molti casi in terra d’origine si era si era vivamente opposta ad alcune loro iniziative di lotta alle MGF, facendole naufragare.

Gli uomini, di contro, hanno espresso la loro soddisfazione, per essere stati aggiornati su un argomento che loro reputavano, di assoluta pertinenza femminile e che in realtà conoscevano

molto poco.

 

Citiamo per ultima anche la Conferenza organizzata a Padova (19/01/’10) dall’Associazione Diritti Umani e Sviluppo Umano, in collaborazione con AIDOS e la Commissione Regionale Pari Opportunità del Veneto, sempre dedicata ai ”Percorsi di abbandono della pratica (di MGF) in Africa e in Italia”. Anche in questa occasione, oltre alle oratrici tra i presenti il numero delle immigrate africane convenute si poteva contare a stento sulle dita di una mano.

 

A questo punto noi ci interroghiamo sulla motivazione della non partecipazione alle iniziative proprio da parte delle donne che avrebbero dovute essere le più sensibili a partecipare.

Nell’intento di capire, abbiamo fatto riferimento ad analoghe iniziative di prevenzione in terra d’Africa, che ci sono ben note perché ne abbiamo seguito l’evoluzione per lunghi anni (NAGLA DAWELBAIT et al., 2006; MANA SULTAN ABDURAHMAN ALI ISSA et al., 2009). Anche in questi casi il coinvolgimento delle donne non è stato né facile, né scontato; si è ottenuto solo col tempo e con molta passione ed impegno da parte delle organizzatrici che hanno adottato anche particolari strategie per fare lievitare l’interesse femminile. Per es.: si sono mobilitati gli uomini di chiesa, chè persuadessero le donne; oppure i maestri, nel caso delle madri delle bambine a rischio; si sono indette conferenze dedicate alla salute generale della donna, non specificatamente etichettate come dirette alle MGF; per convincere le donne a partecipare si sonom utilizzate inoltre altre donne “comuni”, della stessa cultura (preferibilmente non uomini), e soprattutto non appartenenti ad associazioni, variamente etichettate, chè potessero essere credibili e riuscire a parlare alle amiche con cuore aperto per riuscire a convincerle.

Anche in Africa comunque, sensibili risultati si sono ottenuti solo dopo anni, non subito!

Certo che, a capo di queste iniziative c’erano donne carismatiche, “leader”, di “ riferimento”, di prestigio e di credibilità indiscussi, che credevano e si spendevano in prima persona nell’iniziativa, sprovviste di ruoli specifici e quindi anche di finanziamenti occidentali.

Purtroppo simili figure femminili, non sono facili a trovarsi fra le emigrate, in Italia.

 

Concludo dicendo: non credo che il disinteresse delle immigrate sia un portato solo del Veneto, ma verosimilmente è comune a tutto il Paese; esso non deve scoraggiare, ma piuttosto essere incentivo a perseverare ancora, cercando tutte le possibili strategie per avere successo con le donne, che ricordiamo hanno pur sempre le loro radici in Africa.

A questo punto mi vengono in mente anche le parole di una giornalista che concludeva un suo recente articolo dicendo “A volte le iniziative moderne funzionano meglio con l’aiuto della tradizione” (ZANUTTINI , 2010).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riferimenti Bibliografici

 

NAGLA DAWELBAIT , GRASSIVARO GALLO P., PAPPALARDO M., A Campaign for the Eradication of Infibulation within an Extended Family: Khartoum, Sudan, pp.247-261. In: Denniston GC., Grassivaro Gallo P., Hodges FM., Milos MF., Viviani F. Bodily Integrità and Politics of Circumcision, Springer, New York, 2006.

MANA SULTAN ABDURAHMAN ALI ISSA, GRASSIVARO GALLO P.1996/2005 Ten Years - of Merka’s Alternative Ritual in Somalia: from “Sunna Gudnin” to “Gudnin Usub”. In: Denniston G.C., Hodges F.M., Milos F.M.(eds.) Circumcision and Human Rights, Springer, 2009.

 

ZANUTTINI P., Gli invisibili. L’anagrafe del terzo mondo ha un buco. Da 50 milioni. Il Venerdì di Repubblica, p. 40-43, n.1139, 15/01/2010

Ultima modifica il Martedì, 20 Novembre 2012 15:54
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