I motori molecolari sono prodotti sulla più piccola scala possibile, quella molecolare appunto. La loro produzione richiede una serie di componenti: un materiale solido che supporti un gran numero di macchine molecolari che funzionino collettivamente; l’esistenza di elementi facilmente rotanti nel materiale su cui si impernia il moto; un meccanismo di trasformazione dell’energia in moto molecolare coerente e sfruttabile.
Il motore molecolare, come tale, funzionerebbe con radiazioni di più alta energia, che pregiudicherebbero il suo funzionamento in normali condizioni ambientali. Tuttavia, questo problema è stato risolto grazie alla presenza nel cristallo di molecole simili alla clorofilla, capaci di catturare la luce visibile e di convertirla in energia di più alta frequenza per azionare il motore molecolare.
L’integrazione ordinata tra la molecola e il motore, con la formazione di legami stabili, ha prodotto un solido complesso capace di assorbire luce e produrre movimento molecolare unidirezionale, con la prospettiva di fabbricare attuatori azionati dalla luce.
Lo sviluppo di macchine e motori molecolari artificiali ha permesso sin ad oggi la progettazione e costruzione di architetture in grado di svolgere moti controllati sulla scala nanometrica. Attualmente, esistono macchine molecolari ancora più piccole delle dimensioni delle cellule biologiche e di alcuni sistemi biologici di membrana, come la pompa protonica.
«Con questa ricerca, - spiega la Professoressa Comotti - abbiamo dimostrato come sia possibile costruire una nuova architettura supramolecolare che svolge la doppia funzione sia di raccolta della luce sia di trasferimento dell’energia al motore molecolare, inducendo il moto rotatorio. La scoperta apre nuove prospettive per future applicazioni, per esempio membrane e pompe molecolari per accelerare il flusso di gas o in combinazione con reattori chimici miniaturizzati per accelerare l’ingresso di reagenti e l’uscita di prodotti, alimentati dalla luce visibile non invasiva».