Quando gli elefanti popolavano il Nord Europa
Il Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza ha partecipato al ritrovamento di uno scheletro quasi completo di elefante preistorico, insieme a strumenti d’osso, schegge di pietra e a numerose impronte nel terreno. I resti, rinvenuti nel sito archeologico di Schöningen in Germania, risalgono a 300.000 anni fa e forniscono un nuovo scenario per il nord Europa del tempo
Schöningen, in Germania, è senz’ombra di dubbio uno dei siti dell’età della pietra più importanti al mondo. In passato ha già fornito importanti informazioni sulla flora, la fauna e sulle specie umane e animali che popolavano la Terra 300.000 anni fa, durante il Pleistocene.
Oggi, una nuova importante scoperta in questo sito permette di ricostruire lo scenario, piuttosto inaspettato, del nord Europa del tempo: un team di ricercatori, guidato dall’italiano Jordi Serangeli e da Nicholas Conard, dell’Università di Tübingen e del Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza, ha ritrovato uno scheletro quasi intero di elefante insieme a resti di strumenti litici utilizzati probabilmente per cibarsene, e, a pochi metri di distanza, delle impronte di un piccolo gruppo di elefanti.
Lo studio, pubblicato sulla rivista tedesca Archäologie in Deutschland, conferma come quelle terre, nonostante il clima piuttosto simile a quello attuale, fossero abitate al tempo da molti animali selvatici che oggi considereremmo in gran parte esotici, quali cavalli, leoni, tigri dai denti a sciabola e persino grossi elefanti.
Covid - 19 : il punto sulle origini, le sue implicazioni genetiche e ambientali. La sfida dei nuovi vaccini
Combattere una pandemia come quella che stiamo vivendo richiede una conoscenza dettagliata di tre fattori fondamentali:
il patogeno
l’ospite
l’ambiente
Il Patogeno:
Lo studio genetico del virus ha permesso di stabilire con certezza che proviene da un ceppo virale di coronavirus (il RATG13) trovato nei pipistrelli (Rhinolophus affinis) con il quale presenta una identità genetica del 96% . Una differenza del 4% tra il genoma di SARS-CoV-2 e RATG13 significa che i due “cugini” si sono separati da un antenato comune almeno 50 anni fa, e questo suggerisce che SARS-CoV-2 è passato agli umani attraverso una specie ospite intermediaria. È possibile, ma non certo, che la specie intermedia sia il pangolino (Manis javanica) attraverso uno scambio genetico, e da questi il salto all’uomo. Tuttavia numerosi altri mammiferi possono ospitare il virus, come si evince dalla presenza di ACE2, il recettore principale del virus, nelle cellule di oltre 215 specie diverse. Una volta infettato il primo uomo in Cina, il virus si è diffuso negli esseri umani con rapidità straordinaria attraverso i viaggi e i contatti interpersonali. I virus pur non essendo vitali, sono e saranno sempre straordinari campioni di diffusione e nel diventare appunto, virali. Questo è dovuto alle loro dimensioni (un singolo virione, è 100 volte più piccolo di un batterio), alla loro caratteristica capacità di legarsi a proteine di superfice delle cellule con grande affinità e “furbizia”, ingannando le cellule e inoculando il loro materiale genetico (DNA o RNA) all’interno delle cellule per fare copie di loro stessi.
Al via da lunedì 25 l’indagine di sieroprevalenza
Ministero della Salute e Istat, con la collaborazione della Croce Rossa Italiana, a partire da lunedì 25 maggio, avvieranno un’indagine di sieroprevalenza dell’infezione da virus SARS-CoV-2 per capire quante persone nel nostro Paese abbiano sviluppato gli anticorpi al nuovo coronavirus, anche in assenza di sintomi.
Il test verrà eseguito su un campione di 150mila persone residenti in duemila Comuni, distribuite per sesso, attività e sei classi di età. Gli esiti dell’indagine, diffusi in forma anonima e aggregata, potranno essere utilizzati anche per altri studi scientifici e per l’analisi comparata con altri Paesi europei. Per ottenere risultati affidabili e utili è fondamentale che le persone selezionate per il campione aderiscano. Partecipare non è obbligatorio, ma conoscere la situazione epidemiologica nel nostro Paese serve a ognuno di noi.
A natural amino acid could be a novel treatment for polyglutamine diseases
Researchers from Osaka University, National Center of Neurology and Psychiatry, and Niigata University identify the amino acid arginine as a potential disease-modifying drug for polyglutamine diseases, such as familial spinocerebellar ataxia and Huntington disease
Familial spinocerebellar ataxia (SCA), Huntington disease, and spinal and bulbar muscular atrophy are inherited neurodegenerative diseases. Because of their similar molecular pathogenesis, they are also called polyglutamine (polyQ) diseases. Current treatments for these diseases only focus on symptomatic improvement, as disease-modifying approaches have remained an unmet clinical need. Now, researchers from Osaka University, National Center of Neurology and Psychiatry, and Niigata University have identified the natural amino acid arginine as a novel potential approach to attenuate symptoms, as well as the molecular pathogenesis of polyQ diseases. In a new study published in Brain, they show how arginine improved neurological symptoms when given to mice with polyQ diseases before and even after the onset of symptoms.
PolyQ diseases are caused by an abnormal expansion of a specific DNA sequence consisting of the three bases: cytosine, adenine and guanine (CAG). In certain genes that are important for normal neuronal function, CAG can appear back to back multiple times. The number of CAG repetitions varies between individuals and different neuronal genes, but if the repetition happens too often, the function of the protein that is built from the gene can be severely impaired. While an increased number of CAG repeats results in protein misfolding and aggregation with concurrent damage to nerve cells, medication that actually halts this process of neurodegeneration has yet to be developed.
Spray al pepe per conservare la carne e pellicole agli oli essenziali per frutta e verdura
Al via il progetto Fedkito coordinato dall’Università di Pisa per proteggere i cibi con formulazioni di chitosano addizionate di oli essenziali. L’obiettivo è garantire sicurezza alimentare integrata nell’ottica dell’economia circolare e della sostenibilità
Uno spray all’aroma di pepe per conservare più a lungo la carne oppure una pellicola alla cannella per proteggere le mele da insetti e funghi, tutto a base di chitosano una sostanza del tutto naturale e biodegradabile ricavata in questo caso dagli insetti.
E’ questo lo scenario di un futuro non troppo lontano al quale stanno lavorando gli scienziati di Fedkito, un progetto triennale appena finanziato nell’ambito di PRIMA (Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area) attualmente il più importante programma di ricerca dell’area euro-mediterranea.
La professoressa Barbara Conti dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa è la coordinatrice del progetto che coinvolge Italia, Francia, Grecia, Tunisia e Marocco con la partecipazione di atenei, istituti di ricerca e aziende.
No evidence of benefit for chloroquine and hydroxychloroquine in COVID-19 patients, urgent randomised trials are needed
Study finds use of chloroquine or hydroxychloroquine is linked to increased rates of mortality and heart arrhythmias among hospital patients with COVID-19.
Authors suggest that these drug regimens should not be used to treat COVID-19 outside of clinical trials and urgent confirmation from randomised clinical trials is needed. A large observational study suggests that treatment with the antimalarial drug chloroquine or its analogue hydroxychloroquine (taken with or without the antibiotics azithromycin or clarithromycin) offers no benefit for patients with COVID-19. The study analysed data from nearly 15,000 patients with COVID-19 receiving a combination of any of the four drug regimens and 81,000 controls.
Treatment with these medications among patients with COVID-19, either alone or in combination with macrolide antibiotics, was linked to an increased risk of serious heart rhythm complications in these patients.
Researchers suggest these treatment regimens should not be used to treat COVID-19 outside of clinical trials until results from randomised clinical trials are available to confirm the safety and efficacy of these medications for COVID-19 patients.
Using wastewater to monitor COVID-19
Wastewater could be used as a surveillance tool to monitor the invasion, spread and eradication of COVID-19 in communities.
A recent review paper from an international research group involving Hokkaido University and the University of Yamanashi in Japan shows how wastewater could provide a useful tool for monitoring COVID-19 and highlights the further research needed to develop this as a viable method for tracking virus outbreaks. This research was published in Science of the Total Environment.
The major transmission routes of SARS-CoV-2, the virus that causes COVID-19, are via inhalation from person to person, aerosol or droplets, and transmission via hands or contaminated materials. However, there is growing evidence of gastrointestinal symptoms such as diarrhea amongst COVID-19 patients, and genetic material from the virus has been found not only in patients’ feces but also in wastewater.
“The presence of SARS-CoV-2 genetic material in wastewater provides an opportunity to monitor the spread of COVID-19 in a community. Although wastewater is not widely used as a disease surveillance tool, it is starting to gain some traction,” says Masaaki Kitajima, an environmental engineer at Hokkaido University.
Fears coronavirus lockdown will increase child poverty in UK as latest figures show rise of almost a fifth in the last four years
• Child poverty was rising rapidly before coronavirus hit family incomes
• Between 2014/15 and 2018/19, child poverty increased by nearly a fifth, from 15.6% to 18.4%, before the pressure of rising housing costs on families is taken into account
• Loughborough University analysis shows how this increase varies greatly across the UK
• Highest increase came in the North East, where child poverty rose from 17.3% to 23.7% (+6.5%)
• The East Midlands region remains unchanged at 16.6% (-/+0%)
• However, the West Midlands, it rose from 19.1% to 23.8%, widening the gap between the two Midlands regions
• Temporary boosts to Universal Credit and Working Tax Credit should be made permanent and more widely available to help those families who are struggling
New research shows that child poverty in the UK has increased by 2.8% in the last four years, but experts fear the figure will grow due to the impact of coronavirus.
Researchers from Loughborough University’s Centre for Research in Social Policy (CRSP) have analysed data that shows which regions, local authorities and parliamentary constituencies are most at risk of deprivation. The report, published today by the charity End Child Poverty, highlights the North East as the biggest regional area of concern, with a 6.5% rise between 2014/15 and 2018/19.
Prevedere il comportamento delle piante con un modello matematico
È uno dei pochi modelli computazionali che, riproducendo l'attività di diversi network genetici, è in grado di fare predizioni poi verificate in vivo. Lo studio, coordinato dal Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza in collaborazione con l’Università di Utrecht, è stato pubblicato sulla rivista Developmental Cell
La crescita di un organo è un processo articolato in cui l’attività delle cellule e dei tessuti che lo compongono deve essere finemente regolata per garantire una forma e una dimensione finale compatibili con la sua funzione. Ciò vale anche per i vegetali, dei quali sono ancora poco noti i meccanismi alla base della formazione di organi, quali radici, fusti e foglie.
Con le moderne tecnologie di analisi molecolare ad ampio spettro è stato possibile raccogliere negli ultimi anni un'enorme quantità di dati di rilevanza biologica, ma la possibilità di integrarli in un modello capace di predire il comportamento in funzione di alcuni parametri resta ancora molto limitata.
Covid19, bambini: Ministero della Salute, accordo di collaborazione con la Società Italiana di Pediatria (SIP) e Save the Children per l’educazione alla prevenzione e alla salute rivolta a bambini, adolescenti e genitori
Zampa: “Dopo il forzato isolamento le bambine, i bambini e gli adolescenti devono giocare, stare con gli amici, apprendere e nutrirsi in modo equilibrato e completo, tornando a una sana vita di relazione con adulti e coetanei”
Siglato il protocollo di intesa tra Ministero della Salute, Società Italiana di Pediatria (SIP) e Save the Children - l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro -, su interventi innovativi rivolti a bambini, adolescenti e alle loro famiglie, la cui condizione di vulnerabilità si è acuita a seguito dell’emergenza Covid19, perché in condizione di povertà economica ed educativa e marginalizzazione sociale, nonché vittime o a rischio di abusi in ambito familiare.
Tra gli interventi, in presenza e online, da destinare ai bambini, alle bambine e agli adolescenti beneficiari di Save the Children durante l’estate del 2020 e in fase di post-emergenza, attività di educazione sanitaria, educazione alla salute e a sani stili di vita, supporto psicosociale e sostegno nel contatto con la rete sociosanitaria territoriale, valorizzando gli aspetti di empowerment di comunità e di partecipazione attiva dei minori coinvolti.